In vacanza da una vita

La sua fortuna era stato essere nel posto giusto al momento giusto, così si diceva, così gli dicevano.

Dopo tre anni di duro lavoro, senza neanche un giorno di ferie per tirare il fiato, aveva preso la palla al balzo quando finalmente il suo superiore gli aveva concesso una settimana di pausa. Una pacca sulla spalla lo aveva colto all’improvviso mentre era seduto alla sua scrivania durante un caldo martedì pomeriggio estivo. Temeva una strigliata per qualche dimenticanza o errore, invece l’uomo con marcata aria di sufficienza lo aveva graziato, più per pietà che per merito, ordinandogli di stare a casa da lunedì a venerdì della settimana successiva. Lui temeva in uno scherzo di cattivo gusto, ma il suo superiore non ha battuto ciglio girando infine sui tacchi per tornare alle sue funzioni. La sera stessa, dopo essere uscito dal lavoro, Edoardo Marelli aveva attraversato a passo spedito alcune vie del centro di Milano diretto in un luogo ben preciso: l’agenzia viaggi. Dopo mezz’ora ne era uscito con tutte le carte necessarie per trascorrere una meritata vacanza, finalmente. Nove giorni e sette notti in un hotel a cinque stelle. Destinazione: Ibiza.

La sua fortuna era stato essere nel posto giusto al momento giusto, così si diceva, così gli dicevano. Da quella settimana di ferie erano passati sette anni e nove mesi. Non aveva più fatto ritorno in Italia.

La prima settimana era volata via, sulle ali dell’entusiasmo più sfrenato. Un venticinquenne a Ibiza è come un bambino in un negozio di dolciumi. Edoardo aveva fatto una scorpacciata di mare, musica, belle ragazze, sole, alcool e divertimento. Tutto e subito come un tossicodipendente che ritorna a drogarsi dopo un lungo periodo di astinenza forzata. Questo atteggiamento lo aveva aiutato ad affrontare con lo spirito giusto quel che accadde in seguito, anche se alla lungo non si rivelò sufficiente.

Erano le due di domenica pomeriggio, il giorno della partenza era giunto. Edoardo non voleva partire quel giorno, ma col senno di poi avrebbe voluto salire sul primo aereo per lasciare l’isola il prima possibile. Non che il gesto avrebbe sortito qualche cambiamento nella sua vita. Il suo destino era già stato scritto, come quello di tutti in fin dei conti. Oggi vorrebbe soltanto tornare a casa, ritornare in ufficio il lunedì mattina, sedersi alla sua scrivania e riprende la routine lavorativa tra telefonate, e-mail, riunioni, le chiacchierate coi colleghi, il pranzo in mensa e le numerose pause caffè.  Niente di tutto questo poteva accadere, mai più.

Nessuno, almeno all’inizio, avrebbe mai scommesso che un giorno avrebbe desiderato più di ogni altra cosa al mondo tornare al tran tran quotidiano, il cui ricordo ormai diventava sempre più sbiadito nella memoria degli abitanti dell’isola. Quel giorno la vita di Edoardo, degli altri vacanzieri e degli abitanti ibizenchi cambiò per sempre. Edoardo non lo sapeva perché non si era mai interessato alla politica, figuriamoci a quella di un paese che non fosse il suo. Gli abitanti dell’isola avevano preso la notizia sottogamba, come erano ormai abituati a fare quando si trattava di promesse da parte dei governanti. Tutti avevano fatto male, compreso lo Stato che aveva mantenuto la parola data. La Spagna aveva deciso di lanciare il progetto sperimentale partendo dall’isola simbolo del divertimento e delle vacanze con la V maiuscola. Ibiza era diventata in breve tempo un esempio per tutti, prima per le città spagnole, poi per la capitali europee e infine per il mondo intero.

Edoardo ricorda ancora il notiziario che mandarono in onda quel giorno, un’edizione speciale in cui veniva spiegato per filo e per segno ciò stava accadendo in quelle ore. A quel tempo non aveva capito molto di quel che stava dicendo in maniera concitata la giornalista che lo fissava dallo schermo appeso nella sala d’aspetto dell’aeroporto. La giornalista parlava in spagnola ed Edoardo Marelli a quel tempo non conosceva bene la lingua come ora, ma non ebbe importanza perché in breve provò comunque gli effetti collaterali di quella dichiarazione sulla sua pelle. Quel che lo basito e confuso fu la veloce reazione a catena degli eventi che si abbatterono su di lui in breve tempo.

Tutti i voli vennero cancellati, le persone presenti invitate ad uscire, personale compreso. L’aeroporto non riaprì mai più, nonostante le manifestazioni da parte della popolazione e i tentativi di “fuga” da parte di alcuni dissidenti che avevano, purtroppo per loro, scarse nozioni di pilotaggio. Nel lungo periodo vinse lo sconforto e la rabbia dei vandali che demolirono la struttura e gli aerei rimasti sulla pista.

All’inizio un sollievo misto a preoccupazione prese il sopravvento. Edoardo chiamò subito in ufficio e a casa per informare che quel giorno non sarebbe potuto tornare in Italia. Il suo superiore si infuriò sospettando che Edoardo stesse mentendo spudoratamente solo per non tonare a lavoro nei tempi prestabiliti. Lo stesso atteggiamento, con toni e sfumature differente, fu ripreso dai suoi genitori che gli ricordarono che doveva tornare subito ai suoi doveri.

La sua fortuna era stato essere nel posto giusto al momento giusto, così si diceva, così gli dicevano. A quel giorno ne seguirono altri, tutti uguali: l’aeroporto non riapre, gli aerei non decollano, Edoardo non ritorna a casa.

La situazione peggiorò di giorno in giorno. Nel giro di una settimana chiusero i battenti la maggior parte delle attività commerciali. Nel frattempo arrivavano loro, non si sa da dove, ne come. Si dice che tutto era stato organizzato da tempo. Alcuni aerei, forse gli ultimi ad atterrare, avevano trasportato quelle enormi casse di legno da cui erano saltati fuori loro: gli androidi. Avevano preso presto possesso di ogni avamposto economico e commerciale: hotel, ristoranti, negozi, servizi, ecc…

Gli androidi avevano il controllo di ogni cosa e all’inizio l’idea piacque a tutti. La prima settimana fu straordinaria nella sua incredibile e surreale follia collettiva. Era una festa unica di cui non si conosceva la fine. Nel primo mese tutti i presenti sull’isola cercarono di mantenere alto il livello di spensieratezza e divertimento che li aveva contagiato nei primi sette giorni. Feste private, drink, notti brave, sesso sfrenato, droga, discoteche affollate, musica ad alto volume e molto altro ancora… alcuni episodi si cancellarono autonomamente dalla memoria di chi aveva abusato con alcool e sostanze stupefacenti.

Edoardo in quel periodo era stretto tra la morsa di due forze opposte: il senso di responsabilità verso il suo posto di lavoro, a cui non riusciva a tornare, e il vortice di emozioni che viveva a ogni ora del giorno e della notte. Nei primi tre mesi vinse il secondo, ma quest’ultimo dovette cedere lentamente il passo al primo. Edoardo Marelli si aspettava un cambiamento che non arrivò mai: una sommossa popolare, una manomissione degli androidi. Niente! La popolazione dell’isola si abbandonò prima al divertimento per poi scivolare inevitabilmente verso l’abisso dell’accidia con lampi di depressioni e infine, inevitabilmente, giunsero i primi suicidi.

La sua fortuna era stato essere nel posto giusto al momento giusto, così si diceva, così gli dicevano. Ritrovarsi in vacanza a Ibiza quando il progetto “No trabajo” iniziò la fase sperimentale equivaleva a una vincita al lotto. La famiglia e il suo stesso superiore, quando il progetto raggiunse anche Milano, si dovettero ricredere e concordare con Edoardo che aveva fatto bene a rimanere a Ibiza, non che avesse scelta in verità. Erano entusiasti del loro nuovo stile di vita. I suoi genitori non dovevano più attendere il miraggio della pensione per concedersi il meritato riposo dopo una vita fatiche lavorative. Il suo superiore non doveva più passare dall’ufficio tra una partita di golf e una sciata in montagna. Tutti avevano una vita migliore, così si diceva, così gli dicevano.

Edoardo giunse alla conclusione che, se voleva un cambiamento, quest’ultimo doveva partire da lui. Non riusciva più a sopportare l’idea che l’essere umano avesse ceduto ogni forma di lavoro a un’orda di androidi, progettati in tutto e per tutto nel sostituirlo, in cambio di un biglietto di sola andata per una vita di vacanze e spensieratezza. L’uomo non era “progettato” per vivere senza un senso di realizzazione personale nello svolgere un compito, anche se a volte senza senso. Dopo una lunga riflessione prese il coraggio a due mani uscì dalla sua camera d’albergo, si incamminò a piedi lungo le vie del centro, dirigendosi in aperta campagna. Lungo le strade incrociò sguardi spenti o senza espressione, decise così di puntare lo sguardo sui suoi piedi e continuare a camminare. Dopo mezz’ora di cammino individuò un campo incolto, all’apparenza non rivendicato da nessun androide, si guardò intorno con sospetto ed entrò. In un capanno per gli attrezzi trovò una piccola vanga arrugginita che afferrò senza pensarci su due volte. Guardò il campo incolto e sorrise: aveva trovato un nuovo lavoro.

Tema: Vacanza
Nome del concorso: Basta, voglio le vacanze
Indetto da: Montegrappa Edizioni
Posizionamento: Pubblicazione