Questa volta ce la farò. Non posso fallire. Faccio un controllo, prima di entrare in azione. Fiuto per la preda: sempre perfetto. Udito: finissimo. Visione notturna: attivata. Agilità e riflessi: sono in ottima forma. Unghie retrattili: pronte e affilate. Condizioni meteo: che caldo! Questa estate afosa mi sta uccidendo.
Percorro i due isolati che mi separano dal luogo dello scontro, facendo attenzione alle auto. Questi umani non hanno il minimo senso civico nei confronti di noi felini. Non si fermano nemmeno quando attraversiamo sulle strisce. Comunque… dopo il secondo bidone del ristorante cinese, giro subito a destra e sono arrivato.
Ecco il ring. Una corte residenziale nel centro di Torino. Vuota e silenziosa: perfetta per un delitto nel cuore della notte. Gli unici possibili testimoni oculari sono i proprietari degli appartamenti, ma non corro alcun pericolo. Se ne stanno chiusi nei loro soggiorni a guardare programmi tv demenziali. Hanno sempre qualcosa di meglio da fare che tenere d’occhio un pluriomicida come me.
L’oscurità è mia alleata, come lo è il mio manto nero e lucido. Mi guardo intorno con circospezione ed entro con passo felpato. Il nemico potrebbe essere in agguato dietro una di queste colonne. Oscar dice che si tratta di un essere geneticamente modificato dagli umani per uccidere noi felini. Quando parla così, per quanto sia un buon amico, non posso che pensare alle storie che girano su di lui. Che sia matto davvero?
Ad un tratto eccola, la lucciola rossa. Brilla di luce sinistra, aliena. Appoggiata delicatamente, due colonne davanti a me. Trema leggermente. Vuol dire che ha paura di me: è positivo. Per vincere non posso più contare solo sulle mie abilità. Troppe notti sono stato sconfitto. Devo puntare sulle sue emozioni e sperare che commetta un errore. Mi avvicino, questa volta spavaldo. Non lo farei mai in circostanze diverse, ma devo provare nuove tattiche. Devo terrorizzare questo insetto demoniaco.
— Questa notte, moriraaaiii! — miagolo con rabbia, sperando di non essere udito dagli umani.
La lucciola si ferma come pietrificata. La minaccia ha avuto effetto. Mi acquatto, pronto a scattare in un balzo fulmineo. Salto. Veloce come un fulmine mi scaglio contro la colonna. I miei artigli protesi verso la lucciola. Presa! Invece no, con uno scatto più veloce dei miei stessi occhi me la ritrovo sulle zampe. Come se fosse lei a prendere me. Mi torna alla mente il mio amico.
— Potrebbe ucciderti con un sol morso, lo sai? — diceva Oscar.
Non so se credergli, ma nel dubbio faccio un balzo all’indietro e la lucciola scompare alla vista. Non sento dolore alle zampe. Nessun morso. Le storie di Oscar sono tutte inventate. Quel colpo di scopa che si è beccato in testa una settimana fa deve avergli fatto male.
La lucciola riappare davanti a me. Danza nell’aria della notte, come per sbeffeggiarmi di non averla catturata, nemmeno stavolta. Non parla mai, ma sa farsi capire molto bene. Devo ammettere che i suoi silenzi provocatori sono più convincenti delle mie minacce.
Ad un tratto scompare. Resto inebetito a guardare il muro. Cerco una fessura in cui possa essersi nascosta. Niente. Non può essere sparita così, nel nulla. Inizio a dubitare di quel che vedo, anzi di quel che non vedo più… e se il matto fossi io? Se quell’insetto non esistesse, tranne che nella mia mente? No, non può essere!
— Sai che è dieci volte più veloce di noi? — diceva Oscar.
Se ha ragione dovrei riuscire a trovarla. Mi guardo intorno con attenzione. Niente, ad eccezione di un ragazzino affacciato a una finestra, che armeggia con una bacchetta di metallo. Ogni tanto mi lancia delle occhiate. Mi ha visto: potrebbe accusarmi di tentato insetticidio. Faccio un passo indietro. Il ragazzino si agita e preme un tasto. Cos’è quell’arnese? Un’arma? Mi aspetto di sentire un rumore e un dolore fortissimo. Non succede niente, a parte la lucciola che riappare sul selciato: a due passi da me, come se volesse arrendersi. Faccio un passo, lei si muove a destra. Il ragazzo fa lo stesso, all’unisono. Altro passo, altro movimento. Infine capisco e mi fermo. È lui che governa quell’essere diabolico. Non riuscirò mai a prenderlo.
Il ragazzino agita la bacchetta e la lucciola si muove come impazzita. Io lì, fermo. Vorrei saltare e ucciderla, ma resisto alla tentazione. La lucciola scompare. Il ragazzino mi guarda, sorride e chiude la finestra. Resto solo nella corte.
Cos’era? Un sorriso di resa o di scherno? Non importa. Sto per andarmene, quando si apre il portone: è il ragazzino con un piatto e un cartone di latte. Lo versa nel piatto e aspetta, guardandomi. Un premio, forse per la mia pazienza. Mi avvicino con circospezione. Annuso prima di assaggiare. Buono!
— Non posso tenerti con me, sai? — dice il ragazzino. — Mamma non vuole gatti in casa, ma chiamerò il gattile della città. Ti troveranno un padrone, vedrai!
Non capisco cosa dice, ma dal tono di voce sembra rassicurante. Il mio istinto mi dice di tornare qui anche domani. Lo ascolterò, non ha mai sbagliato.
Tema: Gatto
Nome del concorso: Il mio piccolo gatto
Indetto da: Montegrappa Edizioni
Posizionamento: Pubblicazione