Sono sbocciata, col tempo. Come un fiore, una farfalla. Con coraggio, con fiducia. Il sogno e il futuro. Sono passati anni da quando è iniziato il cambiamento, ma lo ricordo ancora come fosse ieri. Crescevo, il mio fisico cambiava e, con esso, anche il mio sguardo.
Mia madre sapeva che era una fase difficile, la pubertà, e decise di pazientare e concedermi tempo. Aveva vissuto la stessa esperienza con Clarissa, mia sorella maggiore. Io non immaginavo, non sapevo e soprattutto non capivo. Clarissa non me ne parlava, mia madre non sapeva cosa dirmi, mio padre fingeva indifferenza. La situazione mutò così velocemente che non riuscii a rendermi conto di quel che stava accadendo, del significato che avrebbe avuto nella mia vita quel momento.
Fiamme che mi bruciavano dall’interno, si mischiavano a scosse elettriche che attraversavano l’anima. Impulsi nuovi, animali, che nascevano dal nulla e s’impossessavano di me. Nessun controllo, in quel vortice che mi portò a diventare la donna che oggi sono diventata.
Giovanni. Fu lui il primo ad accorgersi del mio cambiamento. La prima persona che guardai con occhi diversi. La sua amicizia nei miei confronti rimase immutata, fino a quel giorno; erano i miei sentimenti a essere cambiati. Quando lui se ne accorse fu un momento drammatico, per entrambi. Nessun bacio come sognavo da tempo. Un passo indietro e poi via, se ne andò lontano da me e dal mio cuore ferito.
Fu lo shock, la scintilla, che accese il fuoco. Era inevitabile, poi capii che era soprattutto necessario. Avevo bisogno che quel dolore mi scavasse dentro per far spazio al mio sogno, al desiderio, alla determinazione. Nel momento stesso in cui decisi di cambiare tutto accadde.
Dopo pochi anni smisi di guardare con invidia il seno prosperoso di mia sorella, avevo il mio. M’illusi di riuscire ad allacciare un rapporto più intimo con Clarissa, ma si rivelò solo un’illusione. Il suo atteggiamento nei miei confronti divenne sempre più freddo.
Smisi di bramare i trucchi, i vestiti e i profumi di mia madre, avevo i miei. Speravo che, concedendole tempo, come lei aveva fatto con me, potessi riuscire ad addolcirle lo sguardo. Non avvenne niente di tutto ciò e capii che non c’era più niente da fare.
Il mio guardaroba cambiò radicalmente, mentre mio padre fingeva un’indifferenza malcelata nel guardare le mie minigonne nuove o le scarpe col tacco. Il suo silenzio si fece sempre più presente e più profondo e non c’era possibilità di dialogo.
Le mie prime esperienze furono straordinariamente tragiche e meravigliose al tempo stesso. Non avevo amiche degne di tale nome e, per questo motivo, non ebbi mai la possibilità di confidarmi con qualcuno. Imparai da autodidatta a muovermi nel mondo: tra uomini, sesso e amore.
Gli occhi dei miei genitori erano sempre più su di me. Non accettavano il modo in cui ero cresciuta, il modo in cui ero diventata una donna. Il confronto con mia sorella era inevitabile: casta ed educata lei, libertina e ribelle io. Anche Clarissa aveva avuto le sue esperienze, ma nessuno lo sapeva a parte me: glielo leggevo negli occhi. Tutti sapevano che non era questo il vero problema, ma tutti volevano fingere che fosse così. C’era qualcosa di presuntuoso e insensibile negli sguardi che mi venivano rivolti. Arrivai al punto di non poter più accettare quegli atteggiamenti irrispettosi.
Me ne andai, partii per un’altra città, un altro paese. Cambiai taglio e colore di capelli e stile di vita. Diventai un’altra persona, incontrai un uomo che ricambiava i miei sentimenti e scoprii finalmente cosa fosse la felicità. Un sentimento di pace ed euforia. Di gloria e resa di fronte a qualcosa d’indescrivibile e meraviglioso.
Un giorno, passeggiando per le vie del centro, sorpresi me stessa, ferma a specchiarmi nella vetrina di un negozio. Fisico slanciato, tacchi alti, vestito rosso. Aggraziata come non mai, femminile come poche. Il mio viso non riportava nemmeno un tratto, un segno della mia vita precedente. Il bocciolo era diventata una rosa, il bruco una farfalla.
Il giorno in cui la mia metamorfosi divenne completa mi resi conto che mia madre, il giorno in cui nacqui, mi aveva fatto un regalo, involontariamente. Non dovetti andare all’anagrafe: il mio nome poteva essere dato indifferentemente a maschi e, soprattutto, femmine.
Io sono Andrea e questa è la mia storia.
Tema: Metamorfosi
Nome del concorso: Fatti conoscere! Mostra la tua creatività
Indetto da: Edizioni Eiffel
Posizionamento: Pubblicazione