I suoi occhi incollati alla televisione, le braccia incrociate e la mascella contratta. Sarebbe inutile cercare di parlarle. Quando si mette in testa una cosa è impossibile farle cambiare idea, tutto il contrario di me. Dovrebbe prendere in considerazione i miei consigli, almeno ogni tanto. Se solo ci riuscisse, sarebbe un miracolo. Non c’è niente da fare. Meglio cambiare aria.
Non è facile vivere insieme a un’altra persona, soprattutto se si chiama Angela ed è tua moglie. Io lo so bene, da cinque anni.
— Dove ho messo le chiavi di casa? — mi chiedo ad alta voce.
— Mobile dell’ingresso. — risponde Angela. — Secondo cassetto a destra.
È incredibile! Riuscirebbe a recitare ogni singola battuta di tutti i film che ha visto da quando è nata ad oggi, mentre io non ricordo nemmeno che cosa ho mangiato ieri sera a cena. L’assurdità è che Diego e Melissa si stupiscono della sua memoria di ferro, trascurando invece la mia memoria, che latita spesso. C’è una logica precisa in questo ragionamento, anche se non l’ho mai condivisa.
— Vado a prendere una bottiglia di vino. — le dico. — Diego apprezzerà, spero. Resti qui, vero?
— Sì, resto qui e preparo la tavola. — risponde secca.
— Brava! Non uscire, per favore. Al parco di andremo più tardi, insieme, ok?
Non risponde. Lo prendo come un sì. Le mando un bacio ed esco. Non posso negare che Angela mi ami, a modo suo. Sono sicuro che, una donna bella come lei, non starebbe con uno come me se riuscisse a “capire” come sono. Quel che rappresento per lei è una “costante”. Un punto fermo nel vorticoso mondo che la circonda.
— Buongiorno. — saluto il portiere.
— Giorno a lei. — risponde lui. — Vuole che…
— Non si preoccupi. — lo interrompo.
Apro la porta dell’ingresso ed esco in strada. L’aria gelida del mattino è pungente. Per fortuna l’enoteca è proprio dietro l’angolo. Busso alla porta. Il commesso mi vede da dietro la vetrina e corre verso di me. Apre la porta con una galanteria eccessiva. Mi sento quasi infastidito, ma poi mi passa.
— Salve signor Minotti. — saluta lui. — Qual buon vento…
— Gelido direi… — rispondo con un mezzo sorriso.
— Come?
— Il vento.
— Ah, giusto! È proprio fredda l’aria stamane.
— Una bottiglia di vino è quel che ci vuole per scaldarsi.
— Mi ha tolto le parole di bocca, sa? Bene, cosa posso fare per lei? Bianco, rosso?
— Rosso.
La conversazione prosegue veloce fino all’acquisto della bottiglia. Mi dirigo verso l’uscita e vengo preceduto, come sempre, dal commesso che mi apre la porta. Nello stesso istante entra un altro cliente, sui trent’anni o giù di lì. Mi squadra e poi, come se si fosse ripreso da una distrazione fuori programma, mi lascia passare. Esco e ripercorro la strada verso casa.
Sono irritato e nervoso per lo sguardo ricevuto da quell’uomo. Prima il portiere, poi il commesso e adesso questo sconosciuto. Cambiano i modi in cui si pongono nei miei confronti, ma il risultato è lo stesso. Non sono le prime e non saranno di certo le ultime persone a essere indiscrete e non posso farci niente.
Rientro in casa più velocemente che posso. Ho le mani congelate e le braccia intorpidite dal freddo. Angela mi aspetta in silenzio, seduta sul divano. Mi avvicino, posizionandomi di fronte a lei. La guardo negli occhi ma lei non ricambia. Mi volto verso il tavolo che è stato apparecchiato con cura. Non sembra abbia fatto altro in mia assenza.
— Angela? — provo a chiamarla.
— Sì? — risponde subito. Non sembra più arrabbiata.
— Ho comprato il vino per Diego.
— Bravo! Io ho apparecchiato la tavola. Ho messo i…
— Sì, lo so! I tovaglioli con i quadrifogli.
— Perché mi ricordano il parco.
— Sì, lo so! Va bene. Adesso ascoltami. Che ne dici di darmi una mano a cucinare?
Senza dire una parola si alza dal divano per dirigersi in cucina. Mi volto a guardare le sue gambe snelle che danzano per poi scomparire dietro l’angolo. Le invidio quel fisico statuario e quel suo fluttuare nell’aria, come una ballerina di danza classica. Non ho la sua stessa forza interiore. Quella sua straordinaria capacità di lasciarsi alle spalle ogni problema, come se non esistesse.
Dovrei raggiungerla ma resto un istante a fissare la conca che ha lasciato sul cuscino dov’era seduta. Vivere insieme richiede dedizione, forza interiore e spirito di sacrificio. Sono doti che, per nostra fortuna, sono dentro di noi sin dalla nascita. Abbiamo le basi per mantenere viva questa relazione, anche se purtroppo ci sono altri problemi.
— Quando andiamo al parco, Pietro? — mi chiede lei dalla cucina.
— Più tardi, nel pomeriggio, va bene? — mento.
Nessuna risposta, per fortuna. Ogni giorno è sempre la stessa storia: vuole andare al parco. Il problema non si porrebbe se non ci fossero tre gradi sotto zero. Si ammalerebbe, perché una volta arrivata sul posto si toglierebbe i vestiti per fare il bagno nel laghetto. Non riuscirei a fermarla, non potrei mai. Ci ho già provato ed è stato terribile, per tutti e due.
Non posso nemmeno prendermela con lei, in fondo. È fatta così. Quel che conta, in una relazione di coppia, è proprio questo: saper accettare l’altro. Un’altra cosa importante è sapersi venire incontro, aiutarsi a vicenda. Per questo motivo, dopo i suoi soliti capricci mattutini, finalmente Angela si è decisa a darmi una mano. Dobbiamo preparare tutto, abbiamo ospiti per l’ora di pranzo.
— Pietro? — mi chiama lei.
— Arrivo! — rispondo sbrigativo.
La trovo in cucina, intenta a tagliare le carote a rondelle. Mi sembra più alta del solito, poi intuisco il motivo. Indossa un paio di scarpe col tacco. Vuole fare bella figura visto che, Diego e Melissa, sono i primi vicini che invitiamo per pranzo, da quando ci siamo sposati. Angela lancia un urletto e poi si porta un dito alla bocca.
— Ti sei tagliata? — le chiedo. Lei scuote la testa in segno affermativo, col dito in bocca.
Mi avvicino, prendo un fazzoletto dal mio taschino e le tampono la ferita. Lei mi ringrazia con un sorriso e continua da sola. Vengo distratto dalle nostre immagini riflessa nella portafinestra. Il mio corpo e il suo sono completamente contrastanti. Lei è alta e snella a differenza di me. Non so se esiste al mondo una coppia più variegata della nostra. Ho un moto di tristezza nel cuore.
— Che c’è? Che succede? — mi chiede.
— Niente, va tutto bene. — la rassicuro. — Ricordavo il nostro primo incontro, quando mi chiesi perché non potevo camminare, ricordi?
— Certo, mi rispondesti che in realtà eri dotato di un superpotere, come Magneto. Che ridere!
— E tu mi dissi che eri Tempesta. — ridiamo entrambi, anche se io amaramente.
Siamo così diversi, non solo nell’aspetto. Ci sono cose che non potremo mai cambiare. Il carattere, i pregi e i difetti, ma soprattutto i nostri superpoteri. Li chiamiamo così io e lei. La mia sedia a rotelle e i suoi disturbi psichici. Uguali nelle nostre diversità. Due metà che fanno un solo totale. Complementari fin da principio. Mossi dalla necessità di unire le forze per combattere un mondo esterno che ci guarda con diffidenza.
— Tranquillo. — mi dice, accarezzandomi il viso. — Pomeriggio andiamo al parco.
Non le rispondo e sorrido debolmente. Suona il campanello.
— Sono arrivati! — dice lei emozionata. — Vado ad aprire.
Sento la voce di Angela che accoglie i nostri vicini. Mi dirigo verso l’ingresso per salutarli.
— Ciao Diego! Ciao Melissa! Scusate, il disordine ma stavamo preparando… ma siete in anticipo?
— Non credo, — risponde Diego. — avevamo detto per mezzogiorno, non ricordi?
— Mezzogiorno, sì. — interviene Angela. — E lo hai proposto tu, Pietro. — Sorrido.
— Che memoria tremenda. — commenta Diego ironicamente. — Per fortuna che c’è Angela.
Sorrido. In effetti non ricordo. Diego mi guarda e nei suoi occhi vedo, nuovamente, la luce. Quello sguardo aperto e sereno di chi ci accetta senza riserve. Nessun contrasto tra me e Angela, ma soprattutto nessuna differenza tra noi e loro. L’incantesimo si rompe quando Angela e Melissa, che nel frattempo si sono spostate in soggiorno, ci chiamano.
— Vi raggiungo subito. — dico a Diego, che si sposta nell’altra sala.
Resto ad ascoltare le loro voci, in silenzio. Nessuna differenza, nessun contrasto nelle loro parole. Soltanto ciò in cui crediamo ha il potere di condizionare il modo di vedere le cose. Non esistono superpoteri o pregiudizi. Dovrei ricordarmi di questo ogni giorno e vivere sentendomi veramente parte del mondo che mi circonda.
Siamo unici nella diversità e simili nell’uguaglianza.
Tema: Uguali e diversi
Nome del concorso: Squarciare i silenzi
Indetto da: Collettivo Acca
Posizionamento: Pubblicazione