Nessun indizio. Nessun colpevole. Il fidanzato era al lavoro, i suoi colleghi possono testimoniare. La famiglia l’aspettava, come sempre, per l’ora di cena. La vittima non aveva nemici e non ha litigato con nessuno nell’ultimo periodo. La sua scomparsa ha lasciato tutti i suoi conoscenti sotto shock.
Sono passati tre giorni da quando Eleonora è scomparsa. Erano da poco passate le sei di sera quando era scesa alla fermata di Famagosta. Aveva salutato la collega di lavoro, Silvia, e si era diretta verso l’uscita della metro per poi scomparire nel nulla, come fagocitata dall’oscurità dei tunnel.
L’agente Cognetti, a cui è stato affidato il caso, brancola in quello stesso buio. L’unica possibilità per poter ottenere una pista è nelle sue mani. Il dvd con la registrazione delle telecamere a circuito chiuso dell’ATM. Il poliziotto ha chiesto e ottenuto le ore di registrazione dalle quattro di pomeriggio alle otto di sera del giorno in cui è scomparsa Eleonora. Ora si trova nel suo appartamento in affitto, al quinto piano della palazzina che fa angolo tra via Ponti e via Venosta; a poca distanza dalla fermata in cui la ragazza si è letteralmente volatilizzata nel nulla. Fa caldo e c’è afa: una classica sera d’estate milanese.
Il poliziotto inserisce il dvd nel lettore di casa, prende il telecomando e si lascia cadere sul divano. Preme il tasto play e le immagini iniziano a scorrere sullo schermo, unica fonte di luce del soggiorno. L’uomo osserva con attenzione mentre mangia, poco convinto, una pizza da asporto direttamente nel cartone.
Dopo due ore di registrazione, in cui niente di sospetto sembra essere passato davanti agli occhi vigili dell’agente, arriva l’ora X. Le diciotto e sei minuti. Il treno della metro arriva in stazione e, sferragliando, si ferma. Le persone sulla banchina si accalcano intorno alle porte scorrevoli, che si aprono dopo pochi istanti. Scendono alcuni passeggeri, tra cui, Eleonora. Cognetti la riconosce subito dall’abbigliamento, corrisponde a quello indicato dalla madre: canotta bianca, leggings neri e borsa di pelle marrone. La ragazza si allontana, dirigendosi verso l’uscita… ma ad un certo punto si ferma.
Cognetti stoppa le immagini e zuma su di lei. I suoi occhi stanno osservando qualcosa che non è visibile all’occhio della telecamera di sicurezza: qualcosa dietro un angolo, poco più avanti si scorge un distributore automatico di snack e bibite. L’agente si domanda cosa stia guardando, preme nuovamente il tasto play.
Eleonora sembra aver iniziato una conversazione con qualcuno. Il suo interlocutore non è visibile. Ad un tratto le immagini si fermano nuovamente. Il poliziotto summa nuovamente sul viso della ragazza. Nessun auricolare o cuffia: non sta parlando al cellulare. Le immagini riprendono.
La ragazza sembra agitarsi per un istante. Si volta in direzione dell’altra uscita. Sembra cercare qualcuno che non trova. Torna a concentrare la sua attenzione sul suo interlocutore misterioso e poi si sposta. Scompare per un istante dietro l’angolo. Riappare un istante dopo. Sembra spaventata.
Succede tutto in pochi secondi. Due mani afferrano la ragazza per le braccia, all’altezza delle spalle, e la trascinano oltre l’angolo buio. Nessun movimento. Cognetti si alza dal divano e si avvicina allo schermo. I muscoli tesi, inizia a sudare freddo, nonostante il caldo. Lancia un’occhiata fugace al display. Tre minuti.
Il tempo passa, inesorabile, ma la ragazza non riappare sullo schermo. Altri treni arrivano e ripartono, altre persone passano davanti al punto in cui è scomparsa Eleonora. Nessuno si volta in quella direzione. L’agente ferma le immagini e prende un appunto. Che ci sia un’altra uscita dietro quell’angolo?
Il poliziotto riporta le riprese nel punto in cui le aveva fermate per tornare indietro. Preme nuovamente il tasto play. La scena si anima. Dopo un quarto d’ora, da dietro l’angolo appare una figura. Un ragazzo, di spalle, si dirige verso l’uscita. Indossa una felpa con il cappuccio alzato sulla testa e un paio di pantaloncini rozzi. Nella mano destra stringe una bambola di pezza.
I minuti si trasformano in ore. Nessun altro movimento. Lo schermo diventa nero. Il poliziotto resta al buio.
Il giorno dopo Cognetti si dirige di prima mattina alla stazione di Famagosta, a piedi. Scende le scale della metro, facendosi largo tra i passanti e i venditori ambulanti che cercano di dileguarsi, dirigendosi infine verso il gabbiotto del controllore.
— Buongiorno, sono l’agente Cognetti! Sto indagando sul caso di Eleonora Secchi. — disse il poliziotto.
— Giorno! Cosa posso fare per lei? — rispose il controllore.
— Mi segua, per cortesia.
— Mi spiace ma non posso lasciare…
— Senta, se qualcuno non vuole pagare il biglietto lo farà anche se lei resta qui, quindi…
— Va bene, va bene! Prego!
L’agente e il controllore scendono le scale. Un odore di ferro arrugginito, spezie orientali, sudore e urina li investe. Un treno in arrivo dalla direzione opposta smuove l’aria calda, facendo quasi mancare il fiato ai passanti. Il poliziotto si dirige verso il punto in cui si trovava Eleonora al momento della scomparsa.
Cognetti conosce quella stazione come le sue tasche. Era già stato in quel luogo, due giorni prima, per il sopralluogo ma non aveva trovato niente di utile. Ora sapeva cosa cercare. Si ferma improvvisamente. Il controllore quasi lo travolge, sorpreso dal movimento dell’agente che lo precede.
— Ehi, mi avvisi se si ferma così bruscamente. Che succede?
— Mi scusi. Un attimo!
Cognetti si guarda intorno con attenzione. Gli occhi ridotti a due fessure. Un radar alla ricerca di un solo obiettivo. La telecamera. Quando la trova fa un giro completo su sé stesso. È nel punto giusto. Pochi passi più avanti, dietro l’angolo in cui scomparve Eleonora, si intravede il distributore automatico.
Il poliziotto si incammina in quella direzione a passo lento. Il controllore non osa seguirlo, intimorito dal suo atteggiamento bizzarro. Quando Cognetti oltrepassando l’angolo vede qualcosa che non si sarebbe aspettato: niente. Nessuna scala o uscita di emergenza. Nessuna traccia di sangue sul pavimento. Nulla.
L’unico elemento di spicco è il murales dai colori accessi che ricopre la parete di fronte sé. Rappresenta una casa, o almeno dovrebbe, visto che lo stile risulta essere infantile. Un quadrato giallo per la parete frontale, un triangolo rosso per il tetto. Porta principale nera e finestre azzurre. Una figura umana scheletrica si staglia a fianco della casa. Ha le braccia alzate verso l’alto e le gambe divaricate.
— Venga qui un secondo, per favore! — dice l’agente al controllore.
— Subito! — risponde l’altro.
— Da quanto tempo c’è questo murales?
— Ehm… ecco, io non…
— Stia tranquillo, non mi sto preoccupando del decoro urbano. Voglio solo delle informazioni.
— Beh, se le cose stanno così, allora… Credo una settimana, sì. Più o meno.
— Bene e sa chi è l’autore?
— Per mia sfortuna! Quel delinquente. Un ragazzino. Avrà sì e no sedici/diciotto anni. Mi fa disperare. Viene qui a imbrattare i muri e poi scappa come una saetta.
— Come si chiama?
— Chi? Il ragazzo? Ah, non saprei. Lo chiamano Bambi.
— Bambi? Come il capriolo?
— No, non credo. Penso che sia… come si dice. Un’abbreviazione, ecco. Sta per Bambino. Credo lo chiamino così perché va sempre in giro con una bambola di pezza.
— Perché secondo lei?
— Non saprei. Forse è un po’ immaturo, oppure…
I due uomini continuano a parlare. Nessuno fa caso a loro, ma Cognetti tiene d’occhio tutti, soprattutto i ragazzini… e quando gliene passa uno accanto, che sembra avere la stessa età di Bambi, non perde l’occasione. Lo afferra per la maglietta, all’altezza del coppino, e inizia a fargli un interrogatorio.
— Ehi, ragazzo. Dov’è il tuo biglietto. — lo apostrofa l’agente.
— E a te che ti frega, stronzo? — risponde schietto il ragazzo.
Cognetti resta interdetto per pochi secondi… poi si rende conto del motivo di quella risposta. È in borghese. L’uomo estrae dalla tasca il distintivo. Il ragazzo sbianca in volto e inizia a tremare.
— Che ti sia di lezione per imparare a portare rispetto agli adulti, ok? — lo incalza il poliziotto.
— Ehm… mi scusi, io non… — cerca di dire il piccolo teppista.
— Ok, tranquillo! Veniamo a noi. Conosci un certo Bambi?
— Io, ecco! Perché dovrei?
— Perché potrebbe essere nei guai e lo sarai anche tu se non mi rispondi.
— Sì, lo conosco. È un buono a nulla! Non è un bravo writer. Fa certi scarabocchi, tipo quello! — indicando il murales presente sulla parete a pochi passi da lui.
— Bene, come si chiama e dove lo trovo?
— Non saprei. Sembra un fantasma. Appare, disegna e svanisce nel nulla.
— Ok, va bene. Sai perché va in giro con una bambola di pezza?
— Questo sì, lo so. Ecco, non è facile da spiegare. Una volta ne abbiamo parlato. Mi ha spiegato che i suoi genitori e sua sorella sono morti in un incidente stradale. Poverino!
— Ok, ora puoi andare… con questo signore che ti farà fare il biglietto.
— Ehi! Io ce l’ho il biglietto!
— Sì, certo, come no!
— Prenda in consegna il ragazzo — dice l’agente al controllore — Gli faccia fare il biglietto e mi chiami a questo numero se rivede Bambi, ok? La ringrazio per il suo tempo.
— Prego, sono a disposizione. — risponde il controllore — Vieni ragazzo, li hai i soldi per pagare, vero? — rivolgendosi al piccolo teppista.
I due si allontanano e Cognetti resta solo, davanti al murales dai tratti infantili. Un enigma da risolvere.
Passano alcuni giorni. Nessuna notizia dal controllore. A compensare il suo silenzio succede qualcosa di terribile: scompare un’altra persona. Una donna sui quarant’anni. Stessa fermata della metro. Cognetti dovrebbe richiedere nuovamente le riprese della telecamera ma per accelerare i tempi si dirige alla stazione della metro. Punta direttamente al gabbiotto del controllore. L’uomo, vedendolo, va in allarme. Si muove sulla sedia. Mette in ordine le carte davanti a sé.
— Buongiorno. — lo richiama l’agente.
— Oh, buongiorno a lei. Ha saputo? — risponde il controllore.
— Sono qui per questo. Mi faccia vedere le riprese, per favore.
— Non è il momento, non vede come sono…
— Indaffarato? Lei? La smetta, per favore!
Cognetti salta un tornello, con un’agilità che non gli si attribuirebbe ad una prima occhiata, ed entra nel gabbiotto. Il controllore rimane interdetto, ma lo sguardo severo dell’agente lo convince a seguire i suoi ordini. I due uomini visionano i filmati in questione. La scena che Cognetti aveva visto a casa sua si ripete, cambia solo la vittima. Il ragazzo appare nuovamente, sempre di spalle.
— Eccolo, è lui! — esclama il controllore.
— Quel ragazzo sa qualcosa. — sentenzia il poliziotto. — Torno a dare un’occhiata al murales.
Il controllore tira un sospiro di sollievo per non aver ricevuto l’invito a seguire il poliziotto. Cognetti scende le scale che portano alla banchina. Una grande folla si accalca intorno alle porte del treno giunto in stazione. Il poliziotto si fa largo a fatica e raggiunge la parete del murales.
Non sembra esserci niente di diverso, se non fosse per un particolare: un’altra figura è apparsa sulla parte, al fianco della precedente. È più alta della prima e ha i capelli lunghi.
— Papà? — esclama una voce alle spalle del poliziotto.
Cognetti si volta. Cappuccio alzato e bambola di pezza. Davanti a sé c’è Bambi, il writer. Il ragazzo si avvicina, guardando il poliziotto con aria innocente, quasi incantata. L’agente è interdetto da quell’apparizione inaspettata.
— Io non sono tuo padre, figliolo. — risponde il poliziotto.
— Sì, sei tu! Finalmente sei tornato, papà! — continua il ragazzo.
Cognetti, nonostante la situazione, s’intenerisce per quel giovane che ha perduto i suoi cari in maniera così drammatica. L’agente non sa che cosa dire. Il ragazzo si avvicina e, improvvisamente, spinge il poliziotto con forza. L’agente, preso alla sprovvista, perde l’equilibrio e cade all’indietro. La porta nera alle sue spalle lo inghiotte. Il ragazzo sorride. Tre figure appaiono sul muro. La sua famiglia è nuovamente riunita. La sorella, la mamma e il papà… e nessuno potrà più portargliela via.
Tema: Metropolitana
Nome del concorso: Subway Stories
Indetto da: GreenBooks Editore
Posizionamento: Pubblicazione